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Appunti, riflessioni, sensazioni sulla Rete

Tutto quello che c’è da sapere sui Bitcoin

Si fa presto a dire “Bitcoin”. Ma soprattutto si fa presto ad identificare nel BitCoin “la” moneta digitale per eccellenza. In realtà, di criptocurrencies ne esistono diverse : ad oggi circolano in rete LiteCoin, Ripple, PeerCoin, NameCoin, DogeCoin, PrimeCoin e ne potranno venire create molte altre, senza (finora) alcuna limitazione né tecnica né normativa. Questo è un primo aspetto importante che troppo spesso sfugge. Certo, si possono fare molti esempi, come il famoso caso VHS vs. Betamax dove è stato il mercato a decidere, ma in quel caso si parlava di affermazione di uno standard tecnologico, nelle monete digitali la questione è ben diversa.

Esiste poi un aspetto importante che riguarda le principali funzioni assolte da ogni moneta, che non si limitano al mero strumento di pagamento (tu mi dai un certo quantitativo di moneta in cambio di qualcosa) ma riguardano anche sia la misura del valore di un prodotto o servizio (quanto vale), sia  la costituzione di riserve (per esempio accumulare i risparmi). Infine,  non ultima, rimane la questione relativa alla fiducia, ovvero alla certezza che ogni cittadino ripone nella propria comunità e nel fatto che la moneta che accetta in cambio di un certo prodotto o servizio verrà sicuramente accettata dagli altri per nuovi beni o servizi (di fatto una banconota di per sé ha un valore intrinseco dato dalla sola carta e filigrana). Da questi punti cardine si declinano poi le varie tematiche connesse agli aspetti finanziari, speculativi, inflattivi, normativi fino a quelli più profondi relativi a mercato nero e deep web.

Prendendo in esame i BitCoin, ad oggi la principale attività a livello di numero ed entità delle transazioni effettuate con questa moneta digitale, consiste nel trading ovvero nella compravendita di BitCoin a puro scopo speculativo : compero oggi un quantitativo di XBT per un certo valore in valuta a corso legale (es. EUR) per poi rivenderli a breve per un valore maggiore della stessa valuta (o il corrispettivo controvalore in una divisa diversa). Sebbene la compravendita di valuta sia quotiimagesdianamente oggetto di scambi internazionali, quindi di per sé un’attività consolidata da tempo, è pur vero che una moneta battuta da uno Stato (o Unione o Confederazione di Stati) è soggetta a numerose norme e principi che ne limitano e ne regolano entro certi limiti la speculazione, regole che sfuggono invece alle criptovalute facendo quindi prestare loro il fianco a speculazioni ed oscillazioni pericolose.

Direttamente connesso all’elevata oscillazione e volatilità del valore (inteso come controvalore in valuta a corso legale) delle monete digitali emerge quindi il problema della difficile se non impossibile risposta al punto precedentemente evidenziato relativo alla misura del valore di un prodotto o servizio. Esemplificando : quando un Portale di ECommerce pone in vendita un dato prodotto (che molto probabilmente ha acquistato in valuta nazionale) ad un controvalore in BitCoin lo fa calcolando, seppur con i dovuti margini cautelativi, il controvalore in XBT in un dato momento. Ma se l’eccessiva oscillazione del cambio fa crollare immediatamente il valore sul mercato dei BitCoin, ecco che il portale subisce una perdita tanto maggiore quanto sono il valore del bene e il calo del cambio con la propria valuta. Di conseguenza, come avviene per le altre divise, l’unica alternativa è quella di conservare i BitCoin senza cambiarli fino a che non raggiungeranno nuovamente un valore accettabile. Ma ciò genera evidentemente una riduzione della cassa.

Tralasciando di analizzare il concetto di fiducia, anch’esso tutt’altro che solido nelle monete digitali, e quello evidente dell’utilizzo della produzione di moneta da parte dei Governi per il controllo dell’inflazione, si può fare una riflessione importante anche su di un aspetto più concreto, quello relativo alla riserva (all’accumulo di criptocurrency nel proprio portafoglio) che non è, come visto, di secondaria importanza. I nostri nonni si dice nascondessero il denaro sotto il materasso, in un barattolo, nel reggipetto o anche solo dentro al salvadanaio, mantenendo così un rapporto “fisicimages-1o” con la moneta : li ho riposti fisicamente in un dato posto, so che sono lì e nessuno me li tocca. Questo concetto naturalmente è andato via via sbiadendo fino ad oggi, quando è capitato a tutti di ritrovarsi talvolta senza contante ma solo con il Bancomat o la Carta di Credito. Se è vero che oggi il nostro patrimonio quindi si è trasformato in un semplice numero in un database, è pur vero che possiamo dimostrare e ricostruire le nostre transazioni con i documenti relativi (elettronici e cartacei), pertanto ci sentiamo al sicuro e diamo per scontato che, qualora un malaugurato giorno dovessimo richiedere l’estratto conto attraverso l’Internet Banking scoprendo di essere a zero quando invece vi era una giacenza, possiamo entrare in Banca, battere i pugni sul tavolo ed ottenere di nuovo quel numerino sul conto.

Ecco, un aspetto che fa paura della moneta digitale è proprio questo : l’anonimato delle transazioni e la possibile perdita del proprio portafoglio in caso anche solo di fault dell’hard disk del quale non abbiamo fatto un backup. Anche su questo fronte, quindi, c’è da lavorare per garantire maggiore sicurezza del proprio wallet (portafoglio elettronico) ; alla fine di tratta di protocolli Open Source, pertanto sarà la Rete stessa a porre in essere le giuste contromisure per rafforzare il concetto di sicurezza.

Dulcis in fundo, resta la discussa questione del money laundring, del deep web e delle numerose facce dell’illegalità che possono trovare nelle monete digitali un metodo di pagamento più favorevole, ma fino a prima della comparsa delle criptocurrencies, la criminalità ha sempre trovato nel contante la migliore forma di anonimato e lavaggio di denaro e, ad oggi, nessun governo del mondo ha mai pensato di abolirlo definitivamente.

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La Cina dice stop al trading di BitCoin

E c’era da aspettarselo. Da due giorni il più grande marketplace cinese Taobao, detenuto da Alibaba, ha sospeso il trading di bitcoin, ovvero la compravendita della moneta virtuale, nello specifico la conversione in valuta. E la decisione obbedisce ad un comunicato governativo di fine anno scorso, che a sua volta recepisce la richiesta della Banca Popolare Cinese di sospendere la speculazione in atto.

Ciò non significa che non si possano più acquistare beni o servizi in bitcoin, ma chi li ha non può convertirli in moneta sonante. La giustificazione ufficiale parla della necessità di prevenire lavaggi di denaro oltre che eccessive speculazioni, mentre Taobao dice di avere adottato questa politica anche alla luce del prossimo collocamento in Borsa del gigante Alibaba.

E analogamente anche BTC di Shanghai, il maggiore portale di trading di BitCoin (per volumi di scambio) non accetta più depositi in Yuan.

La nota ufficiale di Taobao parla di protezione del consumatore da speculazioni eccessive che si sono verificate negli ultimi mesi. Ed è per questo che, oltre a vietare il trading di bitcoin, ha anche sospeso la vendita di guide all’utilizzo, computer e software per fare mining (diventare un nodo della rete e contribuire alle transazioni dietro ricompensa in bitcoin) in linea con la volontà espressa di contrastare le attività speculative che hanno portato nelle ultime settimane ad una sopravvalutazione del bitcoin.

Notizia non di poco conto se si pensa che nel 2013 è stato stimato che il 21% del trading in valuta nella Repubblica Popolare Cinese è avvenuto tra Yuan e Bitcoin, mentre con l’Euro gli scambi sono stati appena il 6%.

Mentre è di sabato scorso la notizia di segno completamente opposto che Zynga, il popolare sviluppatore di giochi online e social di SanFrancisco, ha annunciato di accettare i pagamenti con la moneta virtuale.

Bitcoin, chi li ama e chi li odia.

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